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Il principio di irriducibilità della retribuzione e la revoca del superminimo

⚖️ Il principio di irriducibilità della retribuzione e la revoca del superminimo: chiarimenti dalla Cassazione (Ordinanza 8150/2025)

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La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8150 del 27 marzo 2025, è tornata a pronunciarsi su un tema centrale in diritto del lavoro: il principio di irriducibilità della retribuzione di cui all’art. 2103 c.c., analizzando il caso della revoca di un superminimo non assorbibile a seguito della disdetta di contratti collettivi.

📝 Il caso: revoca del superminimo dopo la disdetta dei contratti collettivi

La controversia trae origine dalla revoca di un emolumento a titolo di superminimo non assorbibile, previsto da due distinti accordi collettivi disdetti successivamente dalla datrice di lavoro, un’organizzazione sindacale.

In particolare:

  • Un contratto collettivo di primo livello era stato sostituito nel 1997 dal CCNL Terziario in occasione della cessione di un ramo d’azienda.
  • Per compensare le perdite economiche dovute al cambio di CCNL, la cedente e i lavoratori avevano stipulato un accordo di salvaguardia, poi recepito da un accordo aziendale integrativo.
  • Tali accordi prevedevano l’erogazione del superminimo non assorbibile.
  • Successivamente, sia la cedente che la cessionaria avevano disdettato i rispettivi accordi, revocando l’emolumento.

I lavoratori avevano quindi agito in giudizio per ottenere il riconoscimento del diritto a mantenere il superminimo, ma sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la domanda. Gli stessi avevano quindi proposto ricorso in Cassazione.

📚 Il principio di diritto: contratto collettivo più sfavorevole e irriducibilità della retribuzione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ribadendo alcuni principi consolidati:

  1. Contratto collettivo applicabile dopo il trasferimento d’azienda: in caso di trasferimento, il contratto collettivo vigente presso la cessionaria si applica ai lavoratori trasferiti, anche se più sfavorevole rispetto a quello precedente. Il mantenimento del vecchio contratto è possibile solo in assenza di un CCNL applicato dal cessionario (Cass. n. 37291/2021).
  2. Direttiva 2001/23/CE: l’articolo 3, n. 3, impone al cessionario di mantenere le condizioni di lavoro previste dal contratto collettivo precedente solo fino alla scadenza o sostituzione del contratto stesso, non oltre.
  3. Caso Scattolon e direttiva 77/187/CEE: il trasferimento non può determinare un peggioramento della retribuzione «per il solo fatto» del trasferimento, ma successivamente le condizioni retributive possono essere influenzate da nuove dinamiche contrattuali.
  4. Principio di irriducibilità della retribuzione: la retribuzione è intangibile solo per gli elementi derivanti dal contratto individuale di lavoro. Al contrario, gli elementi retributivi di origine collettiva possono essere modificati o revocati a seguito di nuove pattuizioni collettive, salvo che il superminimo sia stato riconosciuto personalmente al lavoratore per specifiche qualità o mansioni, incorporandosi così nel patrimonio contrattuale individuale.

🔎 Conclusioni

La Cassazione, con l’ordinanza n. 8150/2025, conferma che il principio di irriducibilità della retribuzione tutela solo gli elementi individuali del trattamento economico e non impedisce la modifica o revoca di voci retributive di fonte collettiva, anche se sfavorevole per il lavoratore.

In caso di cessione d’azienda, il contratto collettivo applicato dal cessionario prevale, e il mantenimento delle condizioni pregresse è limitato al tempo di vigenza del precedente contratto collettivo.

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