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avvocato lavoro subordinato

Avvocato non è lavoratore subordinato

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La sentenza n. 28274/2024 della Corte di Cassazione tocca un tema centrale nel diritto del lavoro: la qualificazione del rapporto di lavoro tra professionisti e organizzazioni complesse, come gli studi legali associati. La decisione, che si riferisce a una controversia tra una professionista forense e uno studio associato, ha ribadito criteri distintivi tra subordinazione e autonomia nelle professioni intellettuali, rafforzando una linea interpretativa volta a proteggere l’indipendenza del professionista iscritto all’albo.

1. Inquadramento della Qualificazione: Quando il Lavoro Autonomo Non Diventa Subordinato

Al centro della controversia vi è la domanda della professionista di essere riconosciuta come lavoratrice subordinata, e quindi soggetta alle tutele previste per il lavoro dipendente, anziché come collaboratrice autonoma. La Corte d’Appello di Milano aveva respinto questa pretesa, confermando la natura autonoma del rapporto e sottolineando l’assenza di un potere direttivo stringente dello studio sull’attività professionale della ricorrente. La Corte di Cassazione ha confermato tale orientamento, allineandosi a precedenti consolidati sul tema.

Secondo i giudici, per qualificare come subordinato il lavoro intellettuale, occorre che il professionista sia “inserito organicamente” nella struttura organizzativa dell’azienda, e che il datore di lavoro eserciti un controllo continuo e rilevante sulla sua attività. In altre parole, il lavoro deve essere “etero-organizzato” oltre il mero coordinamento necessario a una buona gestione di uno studio complesso. La Cassazione ha richiamato precedenti storici su questa interpretazione, come la sentenza n. 5389 del 1994, che stabilì che la subordinazione nei contesti professionali si verifica solo quando l’organizzazione imposta dallo studio professionale va oltre le esigenze di coordinamento e si traduce in un potere direttivo sostanziale​.

2. La Linea di Demarcazione tra Coordinamento e Subordinazione Attenuata: La Giurisprudenza Consolidata

La Corte ha analizzato dettagliatamente i fattori di coordinamento che caratterizzano il rapporto di lavoro autonomo nel caso specifico, mettendo in evidenza come, nonostante la presenza di regolamenti e direttive organizzative, la professionista mantenesse un’ampia autonomia. Nel farlo, ha richiamato decisioni storiche come Cass. n. 9894 del 2005 e Cass. n. 3594 del 2011, che riguardano la collaborazione di professionisti all’interno di studi associati. In queste pronunce, la Corte aveva stabilito che l’orario di lavoro e i controlli sull’adempimento non sono indicativi di subordinazione se rispondono a esigenze di organizzazione complessiva e non a un esercizio diretto del potere conformativo sulle modalità della prestazione.

In altri casi, come Cass. n. 22634 del 2019, la Cassazione ha negato la subordinazione di professionisti in situazioni simili, confermando che una regolamentazione interna, comprensiva di norme comuni a tutti i membri dello studio, non indica subordinazione ma solo un coordinamento necessario in contesti multidisciplinari complessi. La pronuncia n. 10043 del 2004, su due medici inseriti in turni fissi in una clinica, è un altro esempio spesso citato dalla Cassazione, e viene richiamata come linea guida per valutare quando le regole organizzative interne superino il coordinamento, configurando subordinazione​.

3. Applicabilità delle Tutele del Lavoro Subordinato: L’Esonero per i Professionisti Iscritti ad Albo

Un ulteriore aspetto rilevante della sentenza riguarda l’applicabilità delle tutele del lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. La Corte ha richiamato l’art. 61 del D.Lgs. 276/2003 e l’art. 2 del D.Lgs. 81/2015, che prevedono l’applicazione delle tutele del lavoro subordinato ai collaboratori in situazione di “etero-organizzazione.” Tuttavia, queste norme escludono esplicitamente le professioni intellettuali regolamentate da albi, come la professione forense.

La Corte ha sottolineato come tale esclusione sia giustificata dalla presunta maggiore autonomia contrattuale e dall’indipendenza garantita dal possesso di qualifiche professionali e dall’appartenenza ad albi. La Cassazione ha citato a sostegno l’ordinanza n. 26558/2024, la quale specifica che per i professionisti iscritti ad albi professionali le tutele del lavoro subordinato non trovano applicazione, poiché questi professionisti possiedono un margine di contrattualità e di autodeterminazione superiore rispetto ad altre categorie​.

4. Incompatibilità della Professione Forense con la Subordinazione: Il Principio di Autonomia

La Cassazione ha affrontato la questione dell’incompatibilità tra l’esercizio della professione forense e il regime di subordinazione, richiamando l’art. 3 del R.D.L. n. 1578/1933 e l’art. 18 della legge n. 247/2012, che stabiliscono l’incompatibilità della professione di avvocato con “ogni altro impiego retribuito”. La ratio di tali norme è la salvaguardia dell’autonomia e dell’indipendenza della professione legale, fondamentali per assicurare la tutela imparziale dei diritti dei clienti.

La Corte ha evidenziato come tali incompatibilità siano state sostenute da numerose pronunce della Corte Costituzionale e della Cassazione stessa (es. Cass. S.U. n. 3733 del 2002, Corte Cost. n. 91 del 2013, Corte Cost. n. 166 del 2012). In queste decisioni, il principio di autonomia è stato difeso non solo come diritto del professionista ma come garanzia essenziale per il corretto esercizio della funzione di difesa​.

5. Analisi del Rapporto Organizzativo e della Monocommittenza

La sentenza si sofferma anche sulla condizione di monocommittenza, ovvero la situazione in cui un professionista presta servizio in esclusiva per un solo committente, in questo caso lo studio associato. La Corte ha specificato che, sebbene questa condizione possa creare una certa dipendenza economica, ciò non implica automaticamente subordinazione. Infatti, la professionista aveva accettato consapevolmente questa organizzazione, beneficiando di un sistema di compensazione vantaggioso e di agevolazioni nel reperire clienti attraverso il network dello studio.

A tal proposito, la Corte ha richiamato la sentenza Cass. n. 22634 del 2019, dove era stato affermato che anche in un rapporto di monocommittenza non si configura subordinazione, purché il professionista mantenga autonomia operativa. L’uso delle risorse dello studio (strumenti informatici, locali, risorse umane) e il rispetto di regole comuni a tutti i professionisti associati non sono stati ritenuti sufficienti per configurare subordinazione​.

6. Considerazioni Finali: Limiti e Opportunità della Collaborazione Professionale

La sentenza della Cassazione contribuisce a consolidare il quadro giuridico sulla distinzione tra lavoro subordinato e autonomo nelle professioni intellettuali. Nel contesto contemporaneo, in cui la collaborazione tra professionisti e organizzazioni complesse è sempre più diffusa, questa sentenza rappresenta un chiarimento fondamentale su quali limiti possono essere imposti dall’organizzazione senza che si perda la natura autonoma del rapporto.

Per i professionisti iscritti ad albi, come gli avvocati, la scelta di un regime di lavoro autonomo comporta quindi l’accettazione di un quadro normativo che privilegia l’indipendenza professionale a scapito delle tutele specifiche del lavoro subordinato. Tuttavia, si pone anche una riflessione sull’efficacia di questo sistema: sebbene l’indipendenza sia valorizzata, per alcuni professionisti che operano in regime di monocommittenza esclusiva, il confine tra autonomia e subordinazione può risultare labile, e in futuro potrebbe aprirsi il dibattito su un eventuale rafforzamento delle tutele per chi, pur lavorando autonomamente, dipende economicamente da un singolo committente.

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