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Abuso dei Permessi 104: Gestione, Conseguenze sul Rapporto di Lavoro e le Ultime Sentenze

Abuso dei Permessi 104: Gestione, Conseguenze sul Rapporto di Lavoro e le Ultime Sentenze

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La Legge 104/1992 costituisce uno dei principali strumenti di sostegno all’inclusione delle persone con disabilità, riconoscendo tra l’altro il diritto per i lavoratori dipendenti di usufruire di permessi retribuiti per prestare assistenza ai familiari con handicap grave. Tuttavia, l’utilizzo improprio di questi permessi può comportare gravi conseguenze disciplinari e legali, fino al licenziamento per giusta causa e alla configurazione di reati a danno della pubblica amministrazione.

Permessi Legge 104: chi ne ha diritto

I permessi retribuiti previsti dalla Legge 104 del 1992 spettano:

  • Ai lavoratori disabili in situazione di gravità.
  • Ai genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili.
  • Al coniuge, alla parte dell’unione civile, al convivente di fatto e ai parenti o affini entro il terzo grado di familiari disabili.

La concessione è subordinata al fatto che il soggetto disabile non sia ricoverato a tempo pieno. Durante i giorni di permesso, il lavoratore conserva la normale retribuzione, con copertura figurativa dei contributi, mentre il datore di lavoro anticipa il trattamento economico che viene poi conguagliato con l’INPS.

Abuso dei Permessi 104: quando si configura e quali sono le conseguenze

L’esercizio del diritto ai permessi presuppone un comportamento ispirato ai principi di correttezza e buona fede. L’utilizzo del permesso per fini estranei all’assistenza del familiare disabile integra un abuso di diritto, con serie ripercussioni disciplinari.

Il lavoratore che, in permesso, svolga attività personali o addirittura lavorative, violando il vincolo fiduciario con il datore di lavoro, può essere soggetto a:

  • Licenziamento per giusta causa.
  • Denuncia penale per truffa ai danni dell’INPS.
  • Azioni civili per il risarcimento del danno.

Un importante esempio applicativo di questi principi arriva dalla recente sentenza del Tribunale di Benevento del 24 marzo 2025.

Il caso deciso dal Tribunale di Benevento

Il caso riguardava un lavoratore che, dopo aver richiesto due giornate di permesso ex articolo 33 della Legge 104/1992 per assistere la suocera disabile convivente, veniva sorpreso da un’agenzia investigativa — incaricata dal datore di lavoro — mentre si allontanava dall’abitazione a bordo di un furgone, recandosi presso abitazioni private con attrezzi da lavoro e svolgendo attività estranee all’assistenza.

L’azienda, sulla base di tali elementi, avviava un procedimento disciplinare che si concludeva con il licenziamento per giusta causa. Il dipendente contestava il provvedimento, sostenendo di aver svolto commissioni per conto della suocera e lamentando la violazione della privacy a seguito dell’attività investigativa.

Il Tribunale ha respinto il ricorso del lavoratore, affermando che i permessi 104 devono essere strettamente collegati all’assistenza del disabile. Non è consentito utilizzare tali permessi per finalità compensative o attività estranee. Inoltre, il Giudice ha ribadito la legittimità dei controlli investigativi quando finalizzati ad accertare comportamenti penalmente rilevanti, chiarendo che nel caso di specie non vi era stata alcuna violazione della privacy.

Determinante, nella valutazione del caso, è stato il fatto che il lavoratore avesse dedicato solo 30 minuti di presenza all’assistito su un totale di quattro ore di permesso, risultando inoltre verosimile una attività lavorativa parallela incompatibile con il dovere di assistenza.

Il Tribunale ha pertanto confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa.

Il controllo investigativo: limiti e condizioni di legittimità

Il datore di lavoro può attivare agenzie investigative private per verificare la correttezza nella fruizione dei permessi 104/.
Affinché tali controlli siano leciti, è necessario che:

  • Siano finalizzati ad accertare comportamenti penalmente rilevanti (ad esempio, frode ai danni dell’INPS).
  • Non si traducano in una vigilanza costante sulla normale attività lavorativa.

Gli esiti delle indagini possono costituire prova valida nei procedimenti disciplinari e giustificare provvedimenti di licenziamento.

La posizione della Cassazione: elasticità nella gestione ma rigore nei controlli

L’interpretazione della Corte di Cassazione si è consolidata in una visione che unisce flessibilità nell’utilizzo dei permessi e rigore nel sanzionare gli abusi.

La Suprema Corte ha precisato che i permessi ex Legge 104 devono essere valutati su base giornaliera e non oraria. In altre parole, non è necessario che l’assistenza venga prestata per l’intera durata dell’orario lavorativo che il dipendente avrebbe dovuto osservare. È sufficiente che, nella giornata di permesso, l’attività assistenziale sia effettiva e prevalente.

Con pronunce come la Cassazione n. 25290/2022 e la più recente n. 26514/2024, è stato chiarito che l’assistenza può essere prestata anche in momenti diversi della giornata, senza obbligo di coincidenza con il turno di lavoro.

Inoltre, la Cassazione ha riconosciuto la possibilità, durante la giornata di permesso, di svolgere brevi attività personali, purché non compromettano la prevalenza dell’assistenza. Così, commissioni come acquisti, pratiche burocratiche o brevi uscite sono compatibili con il corretto utilizzo dei permessi, a patto che il tempo e lo sforzo principale restino dedicati all’assistenza del familiare disabile.

Con la sentenza n. 24130/2024, la Suprema Corte ha escluso l’abuso di diritto nel caso in cui il lavoratore abbia dedicato una parte limitata della giornata ad attività personali, ribadendo che ciò che conta è la valutazione qualitativa e quantitativa dell’assistenza prestata.

L’abuso si configura quando:

  • L’assistenza manca del tutto.
  • L’assistenza è marginale o simulata.
  • Il lavoratore dedica il permesso a scopi privi di collegamento con l’assistenza.

In sintesi, il criterio guida della giurisprudenza è quello della prevalenza dell’assistenza sulle altre attività svolte, nonché il rispetto del principio di buona fede contrattuale.

Conclusioni

L’utilizzo dei permessi Legge 104 è un diritto fondamentale, ma va esercitato con responsabilità. Il lavoratore deve assicurare che:

  • L’assistenza sia effettiva e prevalente.
  • Le attività personali durante i permessi siano limitate e giustificate.
  • Ogni comportamento sia ispirato ai principi di correttezza e buona fede.

Al tempo stesso, il datore di lavoro può legittimamente attivare strumenti di controllo in presenza di sospetti concreti di abuso, a tutela dell’organizzazione aziendale e del sistema pubblico di assistenza.

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