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Il Decreto-Legge 131/2024 e le Nuove Regole sui Contratti a Termine

Il Decreto-Legge 131/2024 e le Nuove Regole sui Contratti a Termine

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Il recente Decreto-Legge 131 del 16 settembre 2024, denominato “decreto salvainfrazioni,” ha introdotto rilevanti modifiche in materia di risarcimento del danno per l’abuso nell’utilizzo di contratti a tempo determinato successivi. Le novità, contenute negli articoli 11 e 12, toccano sia il lavoro pubblico che quello privato, con approcci normativi differenziati.

Le Novità nel Lavoro Pubblico

Per il settore pubblico, il decreto interviene sull’articolo 36 del d.lgs. 165/2001, apportando due modifiche principali:

  1. Incremento dell’indennità risarcitoria: la misura è ora fissata in una forchetta tra quattro e ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione. La quantificazione dipende dalla gravità della violazione, includendo il numero di contratti successivi e la durata complessiva del rapporto.
  2. Facoltà del lavoratore di provare il maggior danno: pur essendo previsto un risarcimento forfettario, il lavoratore può dimostrare un pregiudizio superiore, che sarà oggetto di valutazione specifica da parte del giudice.

Questi interventi rispondono a precise richieste dell’Unione Europea nell’ambito della procedura di infrazione 2014/4231, che evidenziava carenze nell’adeguamento italiano alla Direttiva 1999/70/CE sul lavoro a termine, specie nel settore pubblico.

dl. 131 2024 nuove regole contratti a termine

Il Lavoro Privato e i Cambiamenti Normativi

Per il settore privato, l’impianto normativo subisce modifiche meno incisive. Restano invariati i limiti dell’indennità forfettaria previsti dall’articolo 28, comma 2, del d.lgs. 81/2015, ossia tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione. Tuttavia, viene introdotta la possibilità per il giudice di stabilire un risarcimento superiore se il lavoratore dimostra un danno maggiore.

Un’altra novità è l’abrogazione del comma 3 dello stesso articolo 28, eliminando così la riduzione dell’indennità risarcitoria nei casi in cui le parti sottoscrivano accordi sindacali di stabilizzazione. Tale scelta solleva dubbi sulla coerenza della normativa rispetto agli obiettivi di equilibrio tra tutela del lavoratore e flessibilità aziendale.

Criticità e Dubbie Conseguenze nel Lavoro Privato

La normativa sul lavoro privato non è esente da critiche. La previsione del risarcimento del danno, oltre all’indennità forfettaria, rischia di riaprire dinamiche già superate grazie alla conversione automatica dei contratti illegittimi a tempo indeterminato, prevista dall’articolo 32 della legge 183/2010 e ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 303/2011). Questo meccanismo rappresentava una misura dissuasiva efficace contro l’abuso dei contratti a termine.

La reintroduzione del risarcimento illimitato potrebbe incentivare nuovamente il procrastinarsi delle azioni giudiziarie per aumentare l’entità del danno reclamabile, in contrasto con le esigenze di certezza giuridica.

La Questione Europea: Lavoro Pubblico vs Privato

Una problematica di fondo è che le contestazioni dell’Unione Europea, che hanno dato origine al decreto, riguardano quasi esclusivamente il lavoro pubblico (insegnanti, personale sanitario e altre categorie). Nel settore privato, la normativa italiana già prevede la conversione del rapporto come rimedio principale contro gli abusi, una soluzione che la giurisprudenza ha sempre ritenuto adeguata e conforme alle direttive europee.

L’estensione delle misure al lavoro privato potrebbe quindi risultare eccessiva rispetto agli obblighi comunitari. Non va dimenticato, infatti, che la conversione del contratto a tempo indeterminato è la misura più efficace per scoraggiare comportamenti opportunistici da parte del datore di lavoro, come ribadito dalla Consulta.

Conclusioni

Il Decreto-Legge 131/2024 introduce modifiche significative nella disciplina dei contratti a termine, rispondendo a esigenze europee ma creando potenziali squilibri normativi. Se per il settore pubblico le novità appaiono più giustificate, alla luce delle violazioni accertate dalla Corte di Giustizia, per il settore privato la riforma solleva dubbi di coerenza con l’impianto esistente.

L’intervento legislativo, pur mosso da obblighi comunitari, potrebbe aver ecceduto nel perseguire un adeguamento generalizzato, rischiando di compromettere l’equilibrio tra tutela del lavoratore e flessibilità aziendale. Rimane da vedere se, in sede di conversione, il Parlamento introdurrà correttivi per attenuare le criticità emerse.

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